27 luglio 2006

Finalmente la verità

Quel che mancava alla rete era un'enciclopedia con tutto il sapere descritto senza nessun interesse nascosto.


http://uncyclopedia.org


Un esempio per il nostro mucco: cerca "cow" o "zappa".

E saprai ogni cosa.


Culturalmente vostro.

26 luglio 2006

Mare e legami

Le persone che amano il mare sanno come legare le cose. Creano legami solidi che resistano al tempo e alla salsedine.

E non hanno paura della distanza. Loro sanno vedere in lontananza, anche soltanto per leggere l'ora o la lista della spesa.

Amano la solitudine ma quando stai con loro senti il sapore del sole e quando ballano la terra balla insieme a loro.


Una creatura del mare mi ha mandato queste due poesie. Il legame è forte e resistente. Che l'onda ti accompagni.


Grazie


L'UOMO E IL MARE

di Charles BAUDELAIRE

Uomo libero, tu amerai sempre il mare!

Il mare è il tuo specchio; contempli la tua anima

Nello svolgersi infinito della sua onda,

E il tuo spirito non è un abisso meno amaro.

Ti piace tuffarti nel seno della tua immagine;

L'accarezzi con gli occhi e con le braccia e il tuo cuore

Si distrae a volte dal suo battito

Al rumore di questa distesa indomita e selvaggia.

Siete entrambi tenebrosi e discreti:

Uomo, nulla ha mai sondato il fondo dei tuoi abissi,

O mare, nulla conosce le tue intime ricchezze

Tanto siete gelosi di conservare i vostri segreti!

E tuttavia ecco che da innumerevoli secoli

Vi combattete senza pietà né rimorsi,

Talmente amate la carneficina e la morte,

O eterni rivali, o fratelli implacabili!





Questa invece è dedicata a tutti quelli che, senza capire, ci prendono per deboli:


"Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.

Chi è contento che sulla terra esista la musica.

Chi accarezza un animale addormentato.

Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.

Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.

Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo".


J.L.Borges





24 luglio 2006

Calicola estiva

E' fastidiosa questa canicola estiva.

Per uno come me che suda al solo pensiero di movimento (una buona scusa per evitare di pensare) questo caldo è davvero fastidioso.

Con questo caldo occorre fare attenzione a come ci si veste la mattina; bisogna esser previdenti soprattutto se si esce di casa la mattina, dovendo affrontare un'ora di macchina sotto il sole senza l'aria condizionata, per poi dover andare al concerto di Fossati la sera alla Cavea dell'Auditorium accompagnati da una bella moglie come la mia che sicuramente per l'occasione apparirà fresca come la primavera botticelliana (e non voglio sfigurare troppo vicino a mia moglie) per poi dover affrontare quei 70/80 chilometri per raggiungere finalmente l'adorata figlia alla casa al mare. Ovviamente senza mai passare per il via.

Ed è in queste occasioni che scopri che se ti vuoi vestire con la maglietta che ti piace poi non c'è tecnica zen che regga: il caldo umido mi fa sudare.


Mia moglie no! Non suda. Non so come faccia, ma a lei non costa nessun fastidio una casa con le finestre sigillate durante una notte dove l'umidità bagna gli occhiali e rende calda e liquida l'aria che faticosamente si tira su col naso.

Ma questo è un altro discorso ed io sto andando fuori tema.


Ma la canicola estiva non è solo fastidiosa, è soprattutto pericolosa!

Perchè spesso ci si mette col cervello in sleep mode per evitare di sudare e per seguire i consigli che diligentemente ci propinano per il risparmio energetico; e col cervello in frigo non ci si accorge che la sinistra fa il lavoro meglio della destra.

E sì, perchè la destra di B. si è fatta un culo così per 5 anni per cercare di evitare il carcere per questo e per quello mentre la sinistra in appena 5 mesi svuota le carceri per decreto.




"Se non lasciamo nel testo la possibilità di far beneficiare dell'indulto anche Cesare Previti, Forza Italia non voterà con noi questo provvedimento. E vorrei ricordare a tutti che il quorum per farlo passare è di due terzi".


(Pierluigi Mantini, capogruppo dell'Ulivo in commissione Giustizia, Ansa, 20 luglio 2006).


Che palle, con questa calicola mi viene da sudare quando mi fanno incazzare!



20 luglio 2006

Il lonfo


Il lonfo non vaterca né gluisce
e molto raramente barigatta,
ma quando soffia il bego a bisce bisce
sdilenca un poco, e gnagio s'archipatta.



È frusco il lonfo! È pieno di lupigna
arrafferìa malversa e sofolenta!
Se cionfi ti sbiduglia e t'arrupigna
se lugri ti botalla e ti criventa.



Eppure il vecchio lonfo ammargelluto
che bete e zugghia e fonca nei trombazzi
fa lègica busìa, fa gisbuto;
e quasi quasi, in segno di sberdazzi
gli affarfaresti un gniffo.



Ma lui zuto t'alloppa, ti sbernecchia;
e tu l'accazzi.





Fosco Maraini

19 luglio 2006

Forma e sostanza

Con le carezze che mi regali mi fai scoprire i confini del mio corpo.

Vivendomi accanto mi consenti di confrontarmi con te

e questo confronto mi fa scoprire la forma delle nostre personalità.


Ed è attraverso questi confini e queste forme che si manifesta la sostanza dell'amore.


17 luglio 2006

Sacrifici

It is impossible to achieve the aim without suffering.


J.G. Bennett


E' impossibile portare a compimento un proposito senza soffrire.


Il filosofo Gurdjieffiano J. G. Bennett ha proprio ragione. E Fripp ha fatto bene ad inserire questa citazione in loop nella versione di "Here Comes the Flood" presente sul suo primo lavoro solista "Exposure".


Mi è venuta in mente questa frase quando ho constatato che per portare al mare mia figlia dovevo compiere dei sacrifici e sopportare ricatti morali.





14 luglio 2006

la presenza del passato nel presente

Il mio passato è come una cantina piena di cose che non si usano più. Scatoloni chiusi e polverosi dove è difficile mettere il naso dentro.


Ogni tanto faccio pulizia nella mia vita: impacchetto tutto, metto via e ricomincio da capo con una pagina bianca.


Ma a volte il mio passato mi manca. Mi sento sottile e senza storia con la maggior parte dei miei ricordi lontani. Non riesco a raccontarmi.

Faccio fatica a capire chi sono guardando solo il presente e il futuro.


Spesso mi ritrovo ad invidiare le persone che hanno ben presente il loro passato. Che fanno della propria vita una linea con poche curve.


Vorrei essere un unico lungo romanzo e non una raccolta di piccoli capitoli.


13 luglio 2006

Imbarazzo

Pensavo di essere il solo a rimanere imbarazzato per la sguaiatezza e la volgarità mostrata dagli italiani, nel festeggiare la vittoria al mondiale, al Circo Massimo.

Questi giorni cercavo il conforto di qualche giornalista che notasse questo fenomeno. E Stefano Batterzaghi, su Repubblica, è l'unico che non mi ha deluso.


Riporto quello che ha scritto, perchè lo condivido in pieno e non saprei mai esprimermi con la sua stessa intelligenza.



"Ma se non fosse solo una questione di stile? E se anzi la questione di stile, come quasi tutte, fosse una questione di sostanza? I festeggiamenti per la vittoria al Campionato del mondo di calcio hanno avuto qualcosa di francamente abnorme: i gesti forsennati, i denudamenti, i salti, le urla, le mascherate con cappellacci e bandiere, le sceneggiate da salone di barbiere - incominciati già in campo - si sono allargati e amplificati in una due giorni rauca e scomposta, che ha investito le città italiane, ha paralizzato Roma, ha invaso il palazzo del Governo italiano e il prime time televisivo. Ne è rimasto coinvolto un personaggio misurato come il Presidente della Repubblica, che si è sottoposto a una cordiale innaffiata negli spogliatoi e a un'intervista rilasciata sullo sfondo invero poco istituzionale di un cartellone con gli sponsor.

Bisogna vedere se l'abnorme è ancora davvero sorprendente. Chi ricorda la penultima vittoria, quella spagnola dell' '82, trova differenze tali da chiedersi se sia possibile che tante cose siano successe nel frattempo. Allora Giovanni Spadolini e Sandro Pertini si meritarono articoli scritti a occhi sgranati per semplici azioni come sventolare una bandiera dal balcone di Palazzo Chigi, o gesticolare in tribuna muovendo l'aria come quando si dice: "questa sì che è classe". L'esultanza in campo di Marco Tardelli spiccava come un acuto in una litania: un evento di eccezione in un quadro che oggi parrebbe sostanzialmente grigio e allora era già il culmine sgargiante dell'entusiasmo. In quanto ai tifosi di base - una base che proprio allora si allargava all'intera audience televisiva, compresa la parte femminile prima disinteressata al calcio - a quel tempo non conoscevano i modi di festeggiare: era tutto da inventare. We are the champions era stato scritta da cinque anni, ma era nota solo ai fan dei Queens. I caroselli automobilistici erano rarità, nelle città che non vincevano mai i campionati nazionali. Non era ancora invalsa l'idea di truccarsi, dipingere tricolori sulle facce o sul selciato delle strade, pavesare automobili. Allo stadio non si faceva la ola. Le autorità pubbliche non professavano il loro tifo, se non in forma blanda.

Oggi ci troviamo con un intero campionario di figure retoriche dell'esultanza, gesti collettivi ripetuti in schemi fissi, pressoché tutti nel registro dello sguaiato. Gli eroi vincitori fanno quello che fanno i loro ammiratori, e i loro intervistatori invasati da un identico demone: cantano rauchi, ululano, "fanno i matti", dicono volgarità nelle interviste, ammiccano. Campioni: vincitori ma anche esemplari tipici.

Giornali e tv provano a dare un'idea di quel che succede, ma i loro mezzi e le loro categorie non sembrano essere sufficienti. L'Auditel non può registrare attendibilmente audience e share, parametri che vanno in briciole di fronte ai megaschermi. Le inquadrature mostrano folle strabocchevoli ma non danno il senso del coinvolgimento. I giornalisti allineano serie di vocali con segni di accento per suggerire al lettore un'impossibile trascrizione degli urli e dei cori. Nemmeno le cifre - sempre incerte - dei partecipanti riescono a comunicare qualcosa di significativo, poiché il fenomeno è più qualitativo che quantitativo. Non si tratta di decidere quanti granelli di sabbia formino un mucchio, cioè quanti individui formino una folla. E' che la massa agisce come un tutt'uno, diventa un metaindividuo fornito - come dalla classica analisi di Canetti - di organi di senso propri.

L'intrinseca volgarità potrebbe rendere opaco, illeggibile il senso di questi raduni rituali. Non occorre avere mal di testa per essere infastiditi dai noiosi clacson tutta la notte sotto la finestra, così come non occorre lord Brummell per deprecare l'applauso al funerale. Sono fenomeni paragonabili: sono le figure retoriche dell'antichissima - ma quanto rinnovata - ansia di partecipazione. Le sue occasioni di manifestarsi sono chiamate "eventi", sia che si siano prodotte in via naturale o spontanea (la partecipazione a un funerale, la mania collettiva per un caso di cronaca, il successo di un libro o di un film poco pubblicizzati), sia che siano stati organizzati scrupolosamente e sostanzialmente previsti nelle loro dimensioni - come in un raduno di musica pop o rock, o in un Anno Santo. L'abilità degli organizzatori sta nell'avvertire le potenzialità dell'evento, e inquadrarlo quando sta per realizzarsi davvero. Ovvero, regolare l'abnorme.

L'abnorme è il linguaggio standard dei partecipanti all'evento. Per quanto sensate possano essere state le parole di Romano Prodi nel cortile di Palazzo Chigi, di quella serata si ricorderanno solo i cori, le stonature sull'Inno, il nuovo rito del "po po po". E il madrigale "olelè, olalà, faccela vedè, faccela toccà" - fuori dall'increscioso senso letterale con i suoi preoccupanti presupposti porno e maschilisti, poco leniti dal vernacolo goliardico - esprime tuttavia una volontà di uscire dalla rappresentazione e arrivare a toccare una cosa che sia, di fatto, la Cosa (sperando che davvero si trattasse, nell'evenienza, della Coppa del Mondo). E' una volontà contraddittoria perché si annulla da sé: esprimendola non si fa altro che restare nella rappresentazione medesima, o di entrarvi con un gesto abnorme che potrà iscriversi nella memoria, come tocco di colore.

Quando oramai i clacson erano pochissimi e della festa restavano le bandiere alle finestre, i cocci di bottiglia sui marciapiedi e la miscela olfattiva prodotta dalla birra e dalle sue conseguenze, alle nove di lunedì mattina per una via di Milano è passato un disgraziato. Era giovane, aveva paramenti azzurri e tricolori, e con sguardo basso e torvo cantava a squarciagola, sull'aria di un jingle della Coca Cola: "Forza Italia alè alè, Forza Italia alè". Il dettaglio più patetico è che alla fine di ogni strofa, nel silenzio della via, aggiungeva "tutti insieme!". E poi ricominciava, ogni volta, finché ha girato l'angolo. L'abnorme non può essere separato dal corpo collettivo in cui si inscrive, e nel caso lo reclama. Una mitologia delle figure in cui si articola - dall'esibizionismo fisico fino ai nuovi usi e significati dell'Inno di Mameli - deve essere ancora scritto"


Wake up, seamus. The Matrix ha you.

Frequento internet dal 93 e nel 94 ho scoperto le chat.

Una folgorazione.

A quei eravamo dei pionieri. Le prime BBS. Agorà, MClink. Una nuova frontiera.

Tutto il mondo a portata di click e una pletora di gente nuova con la voglia di conoscersi.

Un modo nuovo di comunicare. E a me sono sempre piaciute le novità.

Mi piaceva il modo in cui le persone si aprivano in chat, come io riuscivo ad aprirmi con loro.

Ci si apre quando ci si sente al sicuro e io mi sentivo sicuro dietro uno schermo, giocando in casa seduto alla mia scrivania. Il mio angolo personale della casa.

In chat appari per quello che sei e per quello che dici. Non importa se sei brutto o bello, se sei timido o insicuro.

In chat conta solo quello che dici, e la gente ti ascolta. Una nuova forma di collettività. Semplificata ma potente. Scritte su un monitor che diventano persone reali.


Il modem è stato il catalizzatore della mia socialità.

La maggior parte dei miei attuali amici li ho conosciuti attraverso il modem. Mia moglie l'ho conosciuta grazie al modem.

E la fame di conoscere e parlare con persone nuove non si placa. E mi ritrovo nel groviglio della blogosfera.


Ora i tempi si fanno stretti. La chat e il conoscere nuove persone è un lusso che non sempre riesco a permettermi.


Ma quando succede... è sempre la stessa magia.


Grazie Malvina

11 luglio 2006

JUGBAND BLUES

E' molto cortese da parte vostra pensarmi qui

e vi sono molto grato per aver chiarito

che io non ci sono.

E non ho mai creduto che la luna potesse essere così grande

e non ho mai creduto che la luna potesse essere così scura

e vi sono grato per aver buttato via le mie scarpe vecchie

e per avermi portato qui vestito di rosso

e mi chiedo chi potrebbe stare scrivendo questa canzone.


Non mi interessa se il sole non brilla

e non mi interessa se niente è mio

e non mi interessa se sono nervoso con te

l'amore lo farò in inverno.


E il mare non è verde

ed io amo la regina

e cosa esattamente è un sogno,

e cosa esattamente è uno scherzo?




Syd

Diamante pazzo

Oggi Syd Barrett è partito per il suo ultimo trip.


Grazie Syd per avermi fatto sognare, e continua a brillare, pazzo diamante.




Shine on you Crazy Diamond




Remember when you were young,

You shone like the sun.

Shine on you crazy diamond.

Now there's a look in your eyes,

Like black holes in the sky.

Shine on you crazy diamond.

You were caught on the crossfire

Of childhood and stardom,

Blown on the steel breeze.

Come on you target for faraway laughter,

Come on you stranger, you legend, you martyr, and shine!


You reached for the secret too soon,

You cried for the moon.

Shine on you crazy diamond.

Threatened by shadows at night,

And exposed in the light.

Shine on you crazy diamond.

Well you wore out your welcome

With random percision,

Rode on the steel breeze.

Come on you raver, you seer of visions,

Come on you painter, you piper, you prisoner, and shine!


Nobody knows where you are,

How near or how far.

Shine on you crazy diamond.

Pile on many more layers

And I'll be joining you there.

Shine on you crazy diamond.

And we'll bask in the shadow

Of yesterday's triumph,

And sail on the steel breeze.

Come on you boy child,

You winner and loser,

Come on you miner for truth and delusion, and shine!





Offro da bere!

Ole'!!!

Oggi ho ricevuto i primi utili della società di cui faccio parte!


Incredibile! E' la prima volta che ricevo dei soldi per non aver fatto nulla!


Dai, oggi offro io.

Preferisci una birra, un gelato o qualcos'altro?




10 luglio 2006

Viva l'Italia!

Quante emozioni seguono la vittoria ai mondiali!

Un evento che coinvolge tutti, anche quelli che del calcio di solito importa poco.


Che nel calcio della Nazionale Italiana si veicolino valori di lealtà, unione e eroicità lo si sa.


La gente vuole alzare il trofeo. Vuole sentirsi protagonista e vincente e poter gridare a squarciagola "SIAMO I CAMPIOOOONIIIIII!".


E diventa subito un confronto tra culture.

Per fortuna in questo caso si combatte a suon di grida, calci (di rigore) e pallonate.

Si giustificano le provocazioni razziste di un difensore nei confronti di un campione di fine carriera e ci si indegna per la reazione esagerata e animalesca di quest'ultimo che si trasforma in un'alce.


Lo sport potrebbe essere una bella cosa. Educativa per i giovani. Un valido veicolo di valori. Ma in Italia si vedono pochi sportivi e troppi tifosi e così la mattina dopo la vittoria si leggono i bollettini di guerra. Morti per festeggiamenti, guerriglie con sassate, le classiche vetrine in frantumi e le immancabili automobili in fiamme.


No, non sono il classico rancoroso che non sa godersi una vittoria.

Tutt'altro. Me la voglio godere appieno. Leggerla in tutte le angolazioni. Sono così: mi piace osservare ed analizzare quello che vedo e che vivo.

Non son più quel ragazzino che si è goduto tutti i dettagli e la gioia del mondiale dell'82, dello scudetto della Roma dell'anno successivo e delle vittorie del Banco Roma nel basket di quegli anni. Non vado più a festeggiare col bandierone e col clacson a tutto spiano.


Ora ho capito che non si diventa migliori quando la squadra del cuore vince una partita o un mondiale. Ho imparato a ricavarne un sano pizzico di orgoglio in più e a godere di tutta la gioia sprigionata da un'evento sociale senza perdere d'occhio le esagerazioni e le bassezze di un gioco che è la rappresentazione delle meschinità dell'italietta emersa gli ultimi anni. L'italietta dei furbetti che dei valori sportivi non ha nulla in comune.


Ora la mia gioia è poter saltare festante con mia moglie e mia figlia in braccio che rideva e si divertiva per ogni "CAMPIOOONIII!!!".

L'ansia? No grazie. Un inutile orpello.

Ora siamo CAMPIONI DEL MONDO!

05 luglio 2006

Sassolini nella scarpa

I sassolini nelle scarpe, seppur all'apparenza piccoli ed innocui, danno più fastidio di una traduzione automatica.

Se poi te ne ritrovi su entrambe le scarpe... no! A quel punto non si riesce proprio a camminare.


Per fortuna ci vuol poco a liberarsene.

Qualche scalcione, una bella pestata di piedi, una scarpata qua e la e... finalmente puoi riprendere a camminare, gustandoti una gustosissima Meringa.



03 luglio 2006

Angelo

Sono passati esattamente sei anni da quella mattina in cui tu sei stato strappato via da questo mondo dal tuo male.

Sei anni che continuo a rivivere la scena orribile, violenta, irreale del tuo corpo privo di vita.

La stanza sporca di sangue raccontava la violenza della tua fine con più vigore rispetto alle parole dei tuoi genitori. Poverini, basiti. Loro hanno ripulito il sangue del proprio figlio con una semplicità animale.

Anch'io appena arrivato sono rimasto freddo. Sì sa, ci vuol tempo per tirar fuori le emozioni. Raccogliere il cadavere di un amico è un'esperienza devastante.

Ma lo è ancor di più immaginare quello che tu hai provati in quegli ultimi momenti. Senza neanche poter gridare. Purtroppo un immagine ricorrente nella mia mente.


Mi dispiace che di te il ricordo più frequente sia quello della tua morte. Ma sappi che tutto quello che mi hai insegnato e donato vive ancora dentro me.


Tu mi hai insegnato cos'è la dignità.

I tuoi modi erano sempre gentili e cortesi. Non facevi mai un gesto fuori luogo. Un punto di riferimento fortissimo per un ragazzaccio esuberante come me.


Tu mi hai insegnato cos'è l'amicizia.

Mi hai donato il rispetto e la fiducia incondizionata.


Andavo fiero di te. Un pozzo di cultura. Mi piacevano le tue idee radicali. Spesso non ero d'accordo con te ma non ti ho mai ringraziato abbastanza per avermi mostrato la tua integrità. Sei ancora il mio metro di confronto per il mondo.


Cazzo, è proprio vero che l'esperienza si acquisisce soltanto un istante dopo il momento che sarebbe servita. Ho una manciata di rimpianti con cui fare i conti e una spruzzata di lacrime che inumidiscono anche la tastiera.


Avrei voluto farti conoscere mia moglie. Chissà se ti sarebbe piaciuta. Non lo so, so solo che l'avresti accettata e rispettata come hai fatto con chiunque.


Avrei voluto farti conoscere mia figlia. Stamattina mi sono emozionato fino alle lacrime pensando a lei e a come saresti stato gentile con lei.


Uffa, lo sai che non so parlare. Io ero quello che ascoltava. Mi piaceva ascoltarti. Ed ora non sono in grado di raccontare tutto quello che sei stato e quello che tuttora sei.


Ciao Angelo,

continua a sorridere col tuo sguardo sardonico.

Grazie.